Docenti oppressi tra presidi autoritari e genitori sindacalisti: l’allarme di Bernocchi (Cobas) sui rischi della medicalizzazione a scuola
Indice dei paragrafi
- Introduzione: una professione tra due "fuochi" - Il ruolo crescente dei genitori sindacalisti - I presidi: dal coordinamento all’autoritarismo - Mobbing e pressioni: la voce dei docenti - La medicalizzazione crescente degli alunni e i bisogni educativi speciali - Le dichiarazioni di Piero Bernocchi (Cobas) - Le conseguenze sulla qualità dell’insegnamento - Il conflitto scuola-famiglia: cause profonde e prospettive di superamento - Il ruolo del sindacato nella tutela dei docenti - Strumenti e strategie per ridare dignità al lavoro insegnante - Sintesi finale: quale futuro per la scuola italiana?
Introduzione: una professione tra due "fuochi"
La scuola italiana sta vivendo una fase di tensione inedita, in cui il ruolo dei docenti appare sempre più sotto assedio. Gli insegnanti, storicamente considerati pilastri della formazione e della crescita dei giovani, oggi denunciano una situazione di vero e proprio accerchiamento, dovuto sia alle pressioni dei dirigenti scolastici – spesso percepiti come figure autoritarie e poco inclini al dialogo – sia, soprattutto, all’attivismo esasperato di molti genitori, che si ergono a "sindacalisti" estremi dei propri figli-alunni.
In questo scenario, a raccogliere e interpretare le istanze della categoria, è intervenuto Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas scuola, che, con parole nette, ha chiesto di porre fine a queste dinamiche tossiche che rischiano di compromettere la serenità e la qualità del lavoro dei docenti. Ma è davvero così drammatica la situazione nel mondo della scuola italiana? Proviamo a scandagliare più da vicino i diversi aspetti di questo tema, partendo dalle segnalazioni raccolte nelle ultime settimane.
Il ruolo crescente dei genitori sindacalisti
Uno degli elementi che più preoccupano i docenti è l’atteggiamento rivendicativo di molti genitori, disposti a tutto pur di tutelare – e talvolta ottenere privilegi per – i propri figli. Bernocchi non ha usato mezzi termini: «Si stanno comportando come sindacalisti estremi dei propri figli, difendendoli in ogni situazione, spesso senza voler ascoltare le ragioni degli insegnanti».
Questo fenomeno, che trova sempre più ampia diffusione, mina alla base l’autorevolezza dei docenti, minacciando la dimensione stessa della scuola come luogo di formazione e crescita collettiva. I genitori, forti del diritto-dovere di seguire il percorso educativo dei figli, si trasformano in "avvocati difensori", mettendo spesso in discussione le valutazioni, le scelte metodologiche, persino le decisioni disciplinari degli insegnanti.
Non mancano casi eclatanti: lettere di protesta, minacce di esposti, ricorsi al TAR, campagne sui social network contro singoli docenti. Fenomeni che generano un clima di tensione e favoriscono il conflitto tra scuola e famiglia, piuttosto che la collaborazione auspicata.
I presidi: dal coordinamento all’autoritarismo
Un altro "fuoco" con cui devono fare i conti gli insegnanti è rappresentato dal ruolo crescente dei presidi, formalmente chiamati dirigenti scolastici. Da guide del collegio dei docenti, i dirigenti sono sempre più percepiti come manager, spesso più attenti alla burocrazia che alle esigenze didattiche.
Il modello della scuola autonoma, così come delineato dalle normative degli ultimi vent’anni, ha attribuito ai presidi poteri sempre maggiori in termini di gestione del personale, di definizione dell’offerta formativa e di rappresentanza dell’istituzione scolastica di fronte alle famiglie e all’opinione pubblica. Questo ha provocato, secondo molti insegnanti, un progressivo squilibrio di potere, con i docenti relegati al ruolo di meri esecutori.
In molti casi si sono moltiplicati gli episodi di pressioni indebite, richieste di aderenza a progetti o scelte calate dall’alto, valutazioni poco trasparenti del lavoro delle insegnanti – spesso influenzate dalle "lamentele" delle famiglie – e provvedimenti disciplinari usati come strumenti di controllo piuttosto che di crescita professionale.
Mobbing e pressioni: la voce dei docenti
Docenti oppressi dai genitori e dai presidi: questa è, in sintesi, la denuncia emersa anche dalle testimonianze raccolte dai sindacati di categoria negli ultimi anni. Episodi di mobbing, vessazioni esplicite o sottili, isolamento dai colleghi, richieste di giustificarsi continuamente per ogni scelta didattica o valutativa: il malessere è palpabile.
Molti insegnanti parlano di un crescente carico di stress e di una costante sensazione di essere "sotto processo", privi di tutela e di autorevolezza. In alcuni casi, la logica della "medicalizzazione" del disagio scolastico porta a una delegittimazione ulteriore: il docente è chiamato a essere esperto di didattica inclusiva, psicologo, persino terapeuta, senza tuttavia ricevere una formazione adeguata né il necessario riconoscimento sociale, professionale ed economico.
Non mancano casi in cui le critiche mosse da alcuni genitori finiscono per innescare veri e propri procedimenti disciplinari, spesso vissuti dagli insegnanti come attacchi personali. Si parla, ormai, di mobbing nella scuola ai danni dei docenti, un fenomeno che meriterebbe ulteriori approfondimenti, anche da parte di chi si occupa di salute e sicurezza sul lavoro.
La medicalizzazione crescente degli alunni e i bisogni educativi speciali
Uno degli aspetti più delicati segnalati da Piero Bernocchi riguarda l’aumento dei casi di alunni con bisogni educativi speciali (BES). Un trend che, secondo molti esperti, rischia di esacerbare le pressioni sugli insegnanti e di accentuare il conflitto tra le varie componenti della scuola.
Negli ultimi anni, infatti, è diventato sempre più frequente ricorrere a certificazioni, diagnosi, piani educativi personalizzati, strumenti compensativi e dispensativi: una vera e propria "medicalizzazione" dell’esperienza scolastica. Secondo Bernocchi, questo processo correrebbe il rischio di diventare una scorciatoia per risolvere – o nascondere – problemi che dovrebbero invece essere affrontati con strumenti educativi e sociali.
Numerosi docenti raccontano di essere subissati da richieste di personalizzazione delle attività, di dover gestire classi con alunni dalle esigenze molto eterogenee senza disporre di risorse, formazione e supporti adeguati. Di qui, un senso di frustrazione e di impotenza per la crescente difficoltà a garantire a tutti i ragazzi un insegnamento di qualità.
Le dichiarazioni di Piero Bernocchi (Cobas)
Piero Bernocchi, storico dirigente del sindacato di base Cobas, ha lanciato ripetuti allarmi sulla situazione attuale della scuola italiana. In una delle sue recenti dichiarazioni, Bernocchi ha affermato: «Non è più tollerabile che i docenti siano mobbizzati sia dai presidi che da genitori che si comportano come sindacalisti estremi dei figli, arrivando talvolta a minacciare denunce per ogni piccolo dissidio o incomprensione».
Bernocchi ha inoltre sottolineato la crescente tensione generata da una medicalizzazione eccessiva degli alunni, arrivando a parlare di veri e propri "percorsi a ostacoli" per chi vuole fare il mestiere di insegnante con passione e competenza. Secondo il leader dei Cobas, è necessario un cambio di paradigma che restituisca dignità al lavoro docente, puntando sulla collaborazione fra scuola, famiglia e territorio.
Le conseguenze sulla qualità dell’insegnamento
Quali sono gli effetti concreti di questo clima su qualità dell’insegnamento e sull’apprendimento degli studenti? Numerosi studi mettono in guardia dai pericoli di un ambiente scolastico conflittuale, dove l’ansia da performance prevale sul tempo dedicato alla crescita individuale e collettiva dei ragazzi.
Gli insegnanti, privati di fiducia e sostegno, rischiano di rinchiudersi in una didattica difensiva, poco innovativa, priva di slancio e di entusiasmo. La paura di critiche, ricorsi o provvedimenti disciplinari finisce per condizionare anche le valutazioni e le scelte metodologiche, con il rischio di favorire solo gli alunni meno problematici e di escludere i più fragili.
Nel lungo periodo, tutto ciò rischia di tradursi in una perdita di qualità, nella crescita di fenomeni di dispersione scolastica e nell’aumento delle disuguaglianze tra studenti. Un prezzo che la società, nel suo complesso, rischia di pagare molto caro.
Il conflitto scuola-famiglia: cause profonde e prospettive di superamento
Il conflitto tra scuola e famiglia affonda le sue radici in trasformazioni profonde della società italiana. Da un lato, una crescente sfiducia verso le istituzioni (tra cui la scuola stessa), dall’altro le difficoltà educative e relazionali di molte famiglie, spesso lasciate sole a gestire criticità per cui non hanno strumenti adeguati.
Il fenomeno dei genitori "sindacalisti" si inserisce in un contesto di forte competitività sociale, dove ogni insuccesso rischia di essere vissuto come un fallimento personale. Al tempo stesso, il modello dell’insegnante "figura di riferimento" sembra vacillare di fronte alla frammentazione dei ruoli e all’esplosione delle aspettative.
Per superare il conflitto, serve rilanciare il dialogo scuola-famiglia, promuovendo percorsi di formazione condivisa e una maggiore chiarezza sui rispettivi ruoli. Fondamentale, secondo Bernocchi e molti altri esperti, sarebbe anche una revisione delle politiche di inclusione, per evitare derive medicalizzanti e restituire centralità al processo educativo.
Il ruolo del sindacato nella tutela dei docenti
In questo contesto, il ruolo dei sindacati – e in particolare del Sindacato scuola Cobas – appare cruciale. Da tempo i Cobas chiedono tutele più forti contro il mobbing scuola docenti, una maggiore valorizzazione economica e professionale del lavoro insegnante e una semplificazione delle procedure burocratiche che appesantiscono inutilmente l’attività didattica.
Il sindacato promuove sportelli di ascolto, consulenze legali e iniziative di formazione sulla prevenzione delle pressioni indebite e dei rischi psico-sociali legati all’attività di insegnamento. Tuttavia, la strada resta in salita, anche a causa di una legislazione ancora troppo sbilanciata a favore delle istanze delle famiglie e dei dirigenti scolastici.
Strumenti e strategie per ridare dignità al lavoro insegnante
Cosa si può fare per arginare questa deriva e recuperare il valore della professionalità docente? Alcune proposte arrivano dalle stesse associazioni e sigle sindacali:
- Rafforzare i percorsi di formazione e aggiornamento dei docenti, non solo su aspetti disciplinari, ma anche su gestione della classe, mediazione del conflitto, inclusione e benessere personale. - Promuovere tavoli permanenti di confronto scuola-famiglia-territorio, per condividere problemi e trovare soluzioni innovative. - Semplificare la burocrazia e restituire spazio all'autonomia didattica, riconoscendo la centralità dei docenti nelle scelte educative. - Rivedere le normative sulla medicalizzazione e la certificazione degli alunni, puntando su interventi educativi più flessibili e personalizzati. - Potenziare gli organici di sostegno e le risorse per la didattica inclusiva, favorendo una reale collaborazione tra insegnanti curricolari, di sostegno e altri operatori.
Sintesi finale: quale futuro per la scuola italiana?
La denuncia di Piero Bernocchi e dei Cobas scuola suona come un campanello d’allarme che il mondo dell’istruzione non può più ignorare. I docenti oppressi dai genitori e dai presidi hanno bisogno di tutela, riconoscimento e strumenti adeguati per svolgere il loro delicato compito.
La scuola italiana si trova a un bivio: o accetta la deriva medicalizzante e conflittuale che la sta attraversando – con tutto ciò che ne consegue per alunni, famiglie e personale – o investe con coraggio su collaborazione, rispetto dei ruoli, valorizzazione delle risorse professionali e partecipazione della comunità educante.
Il futuro della nostra società passa dalla qualità della scuola e dalla serenità di chi la vive ogni giorno: dirigenti, insegnanti, studenti e famiglie. Riusciremo a trovare una nuova alleanza educativa?